A Sergio Visintini, in memoriam
A Sergio Visintini, in memoriam
13 maggio 2020

Cari Colleghi e amici,
ho accettato ben volentieri l’invito pervenuto dalla Presidenza dell’Istituto a scrivere una memoria in ricordo del comune Amico e Collega Sergio Visintini. Invito che mi è parso peraltro naturale, considerato che Sergio oltre che un amico, è stato mio compagno di corso di specializzazione in neurochirurgia per ben cinque anni dall’88 al ’93… che abbiamo mosso insieme i primi passi nella professione… e che insieme abbiamo poi continuato a collaborare per quasi trenta anni. Non potrei mai dimenticare poi che Sergio fu l’artefice della mia venuta in Istituto segnalandomi l’opportunità di una sostituzione di una collega e presentandomi ai Direttori della neurochirurgia del tempo sostenendo la mia candidatura. Fu un primo gesto di grande amicizia all’insegna di una delle doti più caratteristiche di Sergio, la sua generosità d’animo.
In tale epoca, grazie anche all’assenza di doveri genitoriali ci si frequentava spesso, complice anche il mutuo apprezzamento per le cose buone della vita, quali ad esempio la buona cucina e il buon vino. Ma Sergio era soprattutto un esteta e quindi anche la natura ed i suoi spettacoli ne catturavano l’attenzione come attestato dalle tante gite comuni in campagna, talora in Toscana a casa dei miei genitori o più spesso nelle valli del fiume Trebbia… nelle cui pozze turchesi la sua splendida compagna per la vita, Andrea, amava immergersi non curante della rigida temperatura dell’acqua… solo a vederla ad entrambi veniva la pelle d’oca!
La generosità d’animo di Sergio era sicuramente innata ma senz’altro corroborata e sostenuta anche da una profonda cultura umanistica. Sergio era infatti un accanito lettore, un divoratore di libri all’insegna di una curiosità che è propria degli uomini di grande spessore… ‘sum enim unus ex curiosis’ diceva Seneca e forse questo motto più di ogni altro contraddistingueva Sergio e la sua voglia di indagare il mondo e la mente umana con quella pacata attitudine alla riflessione che pure costituiva uno dei suoi tratti più salienti. Ispirata a tale esempio di saggezza, quante volte mia madre a fronte delle mie manifestazioni di eccesso o intemperanza mi avrebbe indicato Sergio quale modello di pacatezza ed equilibrio comportamentale!...
Era inoltre un entusiasta, Sergio. Riusciva a gioire di tutto e prima di tutto del lavoro in sala operatoria cui si dedicava con passione e grande tenacia pur senza apparente sforzo. Devo riconoscere infatti, che spesso si offriva volontario nell’andare ad aiutare in sala operatoria per qualsivoglia intervento, lungo o corto, semplice o complesso, anche quando la turnistica avrebbe assegnato a me tale mansione, di conseguenza alleggerendomi da compiti e doveri istituzionali gravosi. Sergio era chirurgo di talento, dal gesto naturalmente elegante che si integrava con la profonda esperienza chirurgica accumulatasi negli anni sotto la guida dei nostri Maestri. Pur essendo tecnicamente bravissimo, Sergio non eccedeva nelle indicazioni chirurgiche ed era molto lontano dalle logiche della “chirurgia d’assalto”. Da profondo umanista qual era, aborriva quella che potremmo definire pura “ragion chirurgica” a favore invece della “ragion del Malato” e della sua integrità fisica. Egli teneva sempre in conto la massima Oraziana “est modus in rebus”… c’è una misura nelle cose… e Sergio in tutte le sue manifestazioni tale misura non l’ha mai persa!
Il suo senso d’equilibrio insieme alla generosità d’animo e ad un innato senso di gentilezza si armonizzavano poi in quell’atteggiamento cortese ed elegante nei confronti del prossimo, senza distinzione di genere, grado o classe, che tutti noi abbiamo conosciuto e particolarmente apprezzato. Sergio, infatti, rispettava le persone con cui interagiva con una speciale attenzione per chi fosse in sofferenza o si trovasse in una condizione di debolezza. Traspariva in lui costantemente quella pietas verso l’Uomo che ciascuno di noi, addetti alla cura del prossimo, dovremmo avere e coltivare… e Sergio, questa pietas l’aveva in forma “nobile”. Ecco, sì… nobile è l’aggettivo che forse più di ogni altro potrebbe meglio connotare il nostro Sergio. Complice anche l’origine spagnola, emergeva infatti quell’autorevole ed austera figura nobile dell’ispanico Hidalgo che ne faceva persona da tutti noi rispettata ed amata.
Sergio ci ha lasciato… dopo una malattia tremenda ed incomprensibile… ha lottato con tutto se stesso, venendo a lavorare e ad operare anche da malato… e questo in particolare gli è forse caramente costato… è partito senza possibilità di un commiato… lasciandoci tutti sgomenti e … soprattutto, come nel caso di chi scrive… orfani di un modello comportamentale che troppo spesso ed anzi abitualmente, catturati dai ritmi frenetici e spietati del quotidiano, ci dimentichiamo di emulare.
Francesco DiMeco