FOCUS PROFESSIONI SANITARIE: IL TECNICO DI NEUROFISIOPATOLOGIA
FOCUS PROFESSIONI SANITARIE: IL TECNICO DI NEUROFISIOPATOLOGIA
18 dicembre 2024

Ci sono professioni che rimangono dietro le quinte, ma che rivestono un ruolo fondamentale nella cura del paziente. Una di queste è il Tecnico di Neurofisiopatologia che svolge la sua attività in sala Operatoria per l'esecuzione del monitoraggio in fase di intervento chirurgico. Abbiamo intervistato Sara Rinaldo, Tecnico di Neurofisopatologia e membro della Direzione Aziendale Professioni Sanitarie.
L'utilizzo di tecniche neurofisiologiche durante interventi complessi permette di minimizzare i danni a carico del Sistema Nervoso. Ci racconta in cosa consiste il lavoro del tecnico di Neurofisiopatologia?
Durante gli interventi di neurochirurgia il tecnico di neurofisiopatologia si occupa dell'esecuzione degli esami utili al monitoraggio che consentono di ottenere non solo dei dati di tipo strutturale, ma anche sul funzionamento delle strutture individuate e dei sistemi di pertinenza con l’obiettivo di eseguire gli interventi chirurgici riducendo il rischio di deficit neurologici post-operatori.
L'attività del tecnico inizia con l'inquadramento del singolo caso (storia clinica, neuroimmagini,etc..) assieme ai medici neurofisiologi e al team di chirurghi, cercando di capire insieme quali siano le strutture da tenere monitorate: su questo si costruisce il protocollo di monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio, che ha un suo standard, adattabile di caso in caso. Si tratta di un lavoro che ricamiamo su misura del paziente come dei sarti: si parla infatti, in letteratura, di "tailored intraoperative monitoring". Durante il monitoraggio si possono individuare specifiche aree corticali competenti per determinate funzioni (mapping) e si può effettuare una valutazione continua della funzionalità di diverse strutture nervose al fine di identificare un danno in una fase in cui si può ancora porvi rimedio (monitorning). Il tecnico di neurofisiopatologia entra in sala operatoria con il paziente e rimane sino all’ultimo con la chiusura della cute e con le operazioni di sbarellatura. Cerchiamo anche di fare un passaggio nella sala del risveglio per vedere la valutazione che viene effettuata e che da una prima idea dell'esito.
Ci racconta una sua giornata tipo?
Il nostro lavoro inizia al mattino molto presto. Intorno alle 7.30 partiamo con il test delle macchine per i monitoraggi ad alta complessità. È importante verificare che funzioni tutto. Poi si inizia con il preparare dei dispositivi necessari, in prevalenza aghi, che saranno posizionati a livello muscolare e dell’encefalo. I dispositivi vengono etichettati e poi si inizia con il prendere le misure del cranio del paziente per poter posizionare gli elettrodi secondo gli standard internazionali. Una volta ultimate le misure a livello della testa e quando il paziente è addormentato posizioniamo tutti gli elettrodi e attiviamo le macchine per fare dei test funzionali; in questo modo verifichiamo che tutto funzioni e che le risposte e i tracciati registrati siano di buona qualità e rendano più semplice il difficile compito del medico nueorfisiologo, che dovrà interpretare "real- time" i dati di mappaggio e monitoraggio durante l'intervento. È un lavoro molto diverso rispetto a quello che facciamo di solito in ambulatorio: normalmente si esegue un esame neurofisiologico alla volta, in sala operatoria nel vengono fatti 7-8 contemporaneamente con tempi e modi esecutivi del tutto diversi.
È un lavoro che richiede molta passione, plasticità organizzativa e grandi capacità di lavorare in team. Il tecnico non si muove da solo, ma lavora nell’ambito della sala operatoria dove si interfaccia con il medico anestesista, il chirurgo, gli infermieri e altre figure. Un lavoro basato su una grandissima collaborazione!
Come ci si forma per diventare tecnico neurofisiopatologo?
Dopo la laurea di primo livello in Tecniche di Neurofisiopatologia si possono frequentare dei master universitari di perfezionamento. L’Istituto Besta è stato coinvolto sia per quanto riguarda la docenza sia per ospitare i tirocinanti nella pratica. Anche le società scientifiche – e in particolare la società italiana di neurofisiologia clinica – hanno istituito un certification board con esame scritto e pratico per ottenere una certificazione come tecnico per il monitoraggio operatorio. Anche in questo caso il Besta è centro di formazione riconosciuto dalla società, grazie alla quantità e alla qualità dei monitoraggi effettuati annualmente: siamo oltre i 500/anno, un dato numerico raro in Italia.
Penso che la migliore formazione sia l’apprendimento sul campo che richiede almeno dai 6 agli 8 mesi per chi non ha una grossa esperienza. Occorre fare un certo numero di monitoraggi, molti dei quali devono essere necessariamente fatti per avere maggiore dimestichezza con i problemi che si possono riscontrare durante l’intervento.
Impostare il montaggio e avviare la registrazione di un monitoraggio sono la base operativa, ma l’ambiente della sala operatoria è molto critico dal punto di vista della registrazione: spesso si registra con molte altre apparecchiature tecnologiche intorno, e questo, aumenta di molto il rischio di interferenze sulla registrazione di segnali che non sono molto ampi. Il grosso dell’esperienza si acquisisce affrontando le criticità e mettendosi all'opera su diverse tipologie di casi, ciascuna delle quali ha delle sue specificità tecniche e neurofisiologiche. È un lavoro che richiede una formazione lunga, e che deve essere accompagnato nel tempo anche da una formazione continua rispetto alle novità che occorrono nel campo specifico.
Nella foto da sinistra: Catanzaro Valentina, Rinaldo Sara, Melillo Ylenia, Togni Ramona