I PROGETTI DREAM IN AFRICA
I PROGETTI DREAM IN AFRICA
13 maggio 2020

La pandemia COVID-19 non ferma la collaborazione DREAM – Besta in Africa. Il dott. Massimo Leone dell’Istituto Besta ci spiega DREAM e le attività del Besta in Africa che non assistono impotenti all’evoluzione della pandemia COVID-19.
Grazie all’impegno della Società Italiana di Neurologia col Gruppo di Studio “La SIN e i paesi in via di sviluppo dell’Africa subsahariana” è stato completato l’acquisto di un videoEEG che sarà installato al centro DREAM di Blantyre in Malawi. Sarà un passo molto importante per dare slancio al neonato centro epilessia a disposizione gratuitamente per tutti. Un grazie speciale al Professor Gianluigi Mancardi, al Dr. Roberto Eleopra e alla Sig.ra Barbara Frati. Sin dalle prime fasi della pandemia DREAM ha avviato programmi di educazione, informazione e aiuto. La paura del contagio e le numerose fake news rischiano di allontanare i pazienti dai centri e dalle cure: interrompere cure salvavita come quelle per HIV, tubercolosi, malaria, infezioni respiratorie, gastrointestinali, ma anche quelle per l’ipertensione arteriosa, epilessia etc può danneggiare gravemente la salute di tanti.
L’esperienza di Ebola e DREAM. A DREAM abbiamo conosciuto molto bene questo meccanismo perverso che in corso di Ebola ha determinato la morte di tantissime persone, e non per Ebola. In quel frangente i centri DREAM sono divenuti luoghi dove i pazienti ricevevano informazioni corrette, l’educazione sanitaria necessaria e aiuti di base. Il rapporto di fiducia costruito nel corso di anni ha avuto un ruolo chiave nel superare diffidenza, paura e fake news che tenevano lontane la popolazione dai centri di salute. Le centinaia di migliaia di malati seguiti da DREAM hanno potuto proseguire le cure e diffondere a loro volta le corrette informazioni a tante altre persone dei villaggi di appartenenza. Durante l’epidemia di Ebola l’Organizzazione Mondiale della Sanità attribuì ai centri DREAM il ruolo di riferimento per educazione e formazione.
DREAM e la pandemia COVID-19. Come già accaduto per Ebola, i centri DREAM di Sant’Egidio si sono da subito mobilitati nel far fronte alla pandemia COVID-19 con campagne di informazione, distribuzione di mascherine e sapone, formazione del personale, ridisegnamento dei percorsi all’esterno e all’interno dei centri DREAM per salvaguardare la salute di tutti. Alcune nazioni africane hanno chiesto a DREAM di supportare le attività governative per fronteggiare COVID-19. I laboratori di biologia molecolare DREAM sono pronti all’emergenza COVID-19: in Malawi sono inseriti nel piano nazionale per la diagnosi del Covid -19 e personale DREAM è parte delle task forces istituite in Malawi e in altri paesi.
In epoca COVID-19 prosegue l’assistenza e la formazione neurologica al personale DREAM. L’impossibilità di poter essere in loco non ferma l’attività formativa al personale DREAM. La formazione a distanza, già attiva da anni, verrà potenziata ulteriormente. La consuetudine al lavoro condiviso tra medici del Besta e il personale locale africano ha creato il tessuto favorevole per una formazione a distanza efficace e d’impatto. Grazie alla piattaforma di telemedicina/teleneurologia (frutto anche di pubblicazioni scientifiche) da anni vengono discussi casi clinici, approfonditi concetti e introdotte nuove conoscenze. Video-collegamenti e condivisione da remoto delle informazioni cliniche del vasto database DREAM alimentano la web formazione a distanza.
“La risposta dei paesi occidentali alle conseguenze del COVID-19 in Africa determinerà il futuro delle relazioni tra i due continenti per decenni. Difficile farcela da soli”.
AFRICA E COVID-19. QUADRO GENERALE La pandemia COVID-19 ci porta a guardare ogni giorno quanto accade in casa nostra ma anche a quanto accade fuori. Dalla Cina a noi il passo è stato fin troppo breve. Siamo più che mai in relazione gli uni con gli altri. E’ il mondo globale. L’Africa è nostra vicina, un braccio di mare ci separa. Quanto accade ai nostri vicini, città limitrofe, regioni confinanti, nazioni d’oltralpe e d’oltreoceano abbiamo capito quanto ci tocchi da vicino. Anche quello che accade in Africa. “Quando la vita è fatta di lotta tutti i giorni per la sussistenza, è difficile preoccuparsi di un pericolo che non si vede”. In Africa vivono 1,3 miliardi di persone, 2 su 5 nelle città, oltre la metà di queste ultime in slums sovraffollati. A Kampala il 71% delle famiglie vive in un solo locale, negli slums di Lagos in Nigeria meno del 20% delle famiglie ha l’acqua corrente: praticare distanziamento e igiene delle mani in queste condizioni è difficile. Rimanere per giorni in tanti in una stanza di uno slum (figura 1a) non è come rimanere a casa a guardare netflix, come anche permanere a lungo in quei luoghi angusti e con tante persone pone a serio rischio di contagio di tubercolosi, uno dei principali killer a quelle latitudini. Oltre che di COVID-19 naturalmente. Nei campi profughi la situazione è drammatica. Covid19 è ormai presente in quasi tutti i 54 stati africani. Qualcuno spera che il clima umido e caldo rallenti la diffusione, ma evidenze di questo non ce ne sono. In Africa ci sono meno anziani, 47milioni over 65 anni e 6milioni over 80 mentre in Europa sono rispettivamente 143milioni e 40milioni. Un dato questo che da una qualche speranza. L’Africa si è mossa con tempestività applicando il lock-down in diversi luoghi. Gli stati africani non hanno però riserve finanziare per rimediare alle perdite da lockdown: povertà e fame aumenteranno. Jack Ma, il fondatore di Alibaba, forse l’uomo più ricco di tutta la Cina, ha da subito donato 20,000 kit di tests, 100,000 mascherine e 1,000 sistemi di protezione a ciascun stato Africano.
SALUTE. L’Africa subsahariana ha meno di un medico ogni 5,000 abitanti, l’Europa 1 ogni 300. I letti di terapia intensiva di uno stato africano: Kenya 130, Uganda 55, Malawi 25, lo Zimbabwe anche meno. Mali e Mozambico hanno un ventilatore ogni milione di abitanti. E le condizioni di salute di base degli africani non aiutano. Gli oltre 25milioni di africani HIV+ sono a maggior rischio da COVID-19 in quanto immunodepressi. Alcuni dicono che gli anti-retrovirali che già assumono per l’HIV danno una qualche protezione anche contro il nuovo virus, ma non ci sono conferme. E poi solo il 60% dei malati HIV+ assume regolarmente la terapia. L’impatto provocato da COVID-19 impedirà fortemente le attività di cura delle altre malattie. E’ quanto già accaduto in corso di Ebola quando il numero dei morti per Ebola è stato uguale al numero dei decessi dovuto all’impossibilità di accedere alle cure per altre malattie come malaria, HIV, tubercolosi, ipertensione, diabete etc.
ALTRI OSTACOLI. Fake news. Teorie di complotti, cospirazioni e cure sospette dilagano su gruppi di WhatsApp, molto diffuso in Africa. In Congo il virus è visto come una malattia degli “mzungu”, dei bianchi. Più di un quarto dei nigeriani si ritiene immune, non pochi si autodefiniscono “bambini di Dio”. Tuttora in migliaia frequentano le chiese cosiddette della “prosperità, benessere e successo” che in Nigeria sono tante. Alcuni pastori usano argomenti e parole fuorvianti ma ci sono anche altri, inclusi imam che danno informazioni corrette e precise e questo orienta ed aiuta la popolazione: una buona informazione è antidoto alla paura che mal gestita genera comportamenti scorretti, favorendo la diffusione del virus.
ECONOMIA. In Italia e in Europa il ricorso allo smart working in corso di pandemia sta salvando molte attività e posti di lavoro. Ma in Africa quanti possono lavorare da casa? “Non sarà il coronavirus ad ucciderci ma la fame” dicono gli africani. Se la gente non lavora non mangia. E l’impoverimento può spingere tanti a tornare ai villaggi diffondendo l’epidemia, immagini che poi abbiamo visto. La precarietà della vita indica che gli effetti economici di COVID-19 in Africa potrebbero essere devastanti in un continente dove oltre 400milioni di persone vive con meno di 1.90USD al giorno. Il turismo che impiega oltre 1 milione di persone in ciascuno di paesi come Kenya, Tanzania, Etiopia e Sud Africa, è al collasso. Restrizioni sugli spostamenti (figura 5) e anche sul commercio hanno conseguenze pericolose sull’economia. L’85% dei lavoratori non ha una paga regolare e vive di un commercio di sussistenza. In diverse nazioni ci sono stati seri disordini, la gente si è riversata nelle piazze per protestare contro coprifuoco e lock-down introdotti da alcuni paesi per arginare la diffusione di COVID-19. In Africa COVID-19 sta diventando un problema principalmente di sicurezza nazionale ed economico e paradossalmente per ultimo un problema di salute. Per tutelare la popolazione dalla crisi innescata dalla pandemia 69 paesi a livello globale hanno introdotto forme di protezione sociale. Nell’Africa subsaariana solo SudAfrica e Kenya l’hanno potuto fare, gli altri stati non hanno le risorse. Dal 2010 al 2018 il loro debito pubblico è cresciuto dal 40% al 59%.
POLITICA. La risposta dei paesi occidentali a questa situazione dell’Africa determinerà il futuro delle relazioni tra i due continenti per decenni. Se l’occidente rinuncia a un piano di aiuti per l’Africa, la Cina dominerà la risposta. Il magnate di Alibaba, Mr Ma, coi suoi regali sarà seguito a breve da una assistenza economica massiccia della Cina che cementerà la sua posizione come partner privilegiato del nostro vicino africano. Una presa di distanza dell’Europa dall’Africa in questo contesto potrebbe anche fomentare sentimenti ostili. Da contro cresce il traffico delle armi europee verso l’Africa. Autocrati africani potrebbero profittare della distrazione di questo periodo per ritardare processi elettorali e/o arrestare dissidenti. Accade mentre scriviamo.
Sarà difficile mantenere tutto chiuso e fermo a lungo. Nel tentativo e nella speranza di “appiattire” la curva degli infetti, la gente d’Africa rischia. Difficile farcela da soli.
Riferimenti: