LE NUOVE STRATEGIE PER COMBATTERE LE CEFALEE
LE NUOVE STRATEGIE PER COMBATTERE LE CEFALEE
29 maggio 2009
Comunicato stampa
Neurostimolazioni, spray e cerotto elettromagnetico a lento rilascio
Il VI congresso sulle cefalee, che ha visto la partecipazione di specialisti provenienti da tutta Italia, dall’Europa e dagli USA, organizzato dell’Unità operativa cefalee della Fondazione Istituto neurologico “Carlo Besta” di Milano, ha preso il via stamani a Stresa (VB), è stato dedicato alle nuove frontiere dei meccanismi patogenetici e ai trattamenti della patologia.
Una novità per i giovani neurologi è stata la sessione interattiva sui casi clinici.
Il cerotto elettromagnetico a nano-rilascio programmato
Il professor Alain Rapoport, della UCLA University di Los Angeles, nel corso del suo intervento ha presentato, per la prima volta in Europa, un cerotto elettromagnetico a nano-rilascio programmato del quale, in precedenza si era parlato solo oltreoceano al congresso dell’american headache society di Boston.
All’inizio degli anni ’90 il sumatriptan, capostipite dei farmaci chiamati triptani, ha rivoluzionato la terapia dell’emicrania.
Il cerotto sfrutta le correnti ioniche generate dal materiale da cui è costituito che fanno rilasciare il farmaco in quantità programmata e costante.
La spinta elettrica di 6-12 milliampere all’ora impartita dalla carica elettromagnetica del cerotto veicola appena 10 nanogrammi di sumatriptan per millilitro.
Penetrando a questa nano-velocità, il farmaco rimane in circolo per un periodo anche superiore a 7 ore e esplica la sua azione più a lungo delle altre formulazioni (spray nasale, compressa e iniezione sottocutanea) senza perdere in rapidità d’effetto.
Provoca solo un leggero prurito nella sede di applicazione, ha un’efficacia anche superiore alle vecchie formulazioni e, soprattutto, supera quello che è sempre stato il tallone d’Achille di questi farmaci, la cosiddetta “sindrome da triptani”.
Si tratta di un senso di oppressione al torace e al collo che spesso riduce l’aderenza alla cura: “Quando si presenta, può sorprendere e spaventare il paziente - dice il Direttore del Dipartimento di neuroscienze cliniche del Besta, Gennaro Bussone, presidente del congresso di Stresa - e se non era stato opportunamente informato dal medico, può restarne disorientato. Con la supervisione del medico questo effetto può essere risolto tramite semplici aggiustamenti del dosaggio, un problema che adesso sembra poter essere risolto in maniera definitiva dalla nuova via di somministrazione”.
Dolore cefalgico
Fra i lavori scientifici va segnalato il contributo del professor Ramy Burstein dell’Harwars medical school di Boston che da sempre si occupa di dolore in generale e non solo di quello cefalalgico.
Il lavoro presentato a Stresa riguarda la cosiddetta “allodinia” un fenomeno che va assumendo una sempre maggiore importanza nella comprensione dei meccanismi della cefalea e che, con un gioco di parole, potremmo sintetizzare col concetto di “un pugno in una carezza), in quando il cefalalgico percepisce anche il più lieve stimolo tattile come stimolazione dolorosa.
La sensazione di dolore/fastidio viene evocata da stimoli normalmente non dolorosi, come pettinarsi, portare acconciature pesanti come la coda di cavallo, farsi la barba, indossare occhiali o orecchini. L’allodinia rappresenterebbe il corrispettivo clinico della cosiddetta “central sensitization”, cioè della progressiva attivazione delle vie dolorifiche a livello centrale che si verifica quando lo stimolo dolorifico innescato a livello periferico (arterie meningee, sistema trigemino-vascolare) non è più controllabile con i farmaci.
Dolore cronico e abuso da farmaci
All’allodinia si lega anche un altro studio presentato nella sessione dedicata al futuro prossimo venturo di questa malattia. I ricercatori del Besta di Milano diretti dal professor Gennaro Bussone hanno ottenuto la prima dimostrazione con risonanza magnetica funzionale che nell’emicrania cronica l’abuso di farmaci provoca un’alterazione funzionale delle vie del dolore.
Questo studio è stato il primo a verificare questa alterazione con la risonanza magnetica funzionale che ha dimostrato come l’attività metabolica e quindi nervosa di questi pazienti sia diversa da quella delle persone normali che non soffrono di emicrania cronica.
Da tempo si sospettava che manifestazioni dell’emicrania cronica come l’allodinia fossero la manifestazione della cosiddetta sensitivizzazione della soglia centrale del dolore, un fenomeno che tende ad autoalimentare il dolore ormai cronicizzato.
Resta ora da capire se si tratta di un’alterazione di base o se invece si tratta di un danno che questi circuiti sviluppano per la prolungata esposizione a un dolore cronico o piuttosto all’abuso farmacologico.
Disintossicazione da abuso
Il tema dell’abuso da farmaci ricorre nello studio presentato sabato pomeriggio da Franck Andrasik, docente di psicologia alla University of Pensacola (West Florida), uno dei primi a occuparsi di medication overuse headache-MOH, cioè la cefalea da abuso di farmaci, della quale ha raccolto un’ampia casistica negli ultimi anni giungendo alla conclusione che si tratta di un disturbo cronico che richiede una terapia comportamentale che educhi a un corretto approccio verso il dolore oltre a un ricovero per un’associata disintossicazione.
In piena sintonia sono i risultati dello studio presentato dalla dottoressa Licia Grazzi del Besta che indica come risolutivo il trattamento di ricovero per i pazienti abusatori che vanno sottoposti a disintossicazione, provvedimento che riduce il rischio di ricadute nell’abuso dei farmaci.
Associazione emicrania depressione
Un risultato che, come indica Randal Weeks del New England Institute for behavioural medecine di Stamford, non è facilmente ottenibile per la concomitante presenza di depressione in questi pazienti che diventano riluttanti a limitare o eliminare l’eccesso uso di farmaci che al momento danno loro un transitorio sollievo, ma che a lungo andare li fanno cadere nel paradossale circolo vizioso dell’abuso dove il farmaco è la causa del persistere del dolore.
Un’altra soluzione dell’associazione fra emicrania e depressione è quella prospettata da Massimo Leone e dai neurochirurghi Angelo Franzini e Giovanni Broggi del Besta che presentano i dati preliminari delle prime quattro pazienti con cefalea cronica quotidiana farmacoresistente e associata a depressione mai trattate in Europa con stimolazione vagale-VNS.
In questo caso la depressione si associava a un’emicrania assai debilitante resistente ai farmaci che si presentava quotidianamente.
Il trattamento ha giovato sia alla cefalea che alla depressione e la VNS ha quindi dimostrato di offrire un possibile nuovo approccio capace di migliorare la risposta di questo tipo di mal di testa ai farmaci.
Gli errori delle diagnosi
Dal congresso è emerso pure che tra i capitoli di spesa più ingenti nella cura dell’emicrania ci sono gli errori di diagnosi.
Individuati da uno studio di Domenico D’Amico che ha condotto, con la collaborazione di alcuni centri di cefalea lombardi, e poi stilato una graduatoria dei principali errori di diagnosi all’accettazione dei pazienti con cefalea.
Dalla ricerca è stata rilevata la mancata diagnosi della corretta forma di cefalea da cui era affetto il paziente (sono 36 le forme primarie conosciute e 143 quelle secondarie). L’emicrania senz’aura è stata riconosciuta solo nel 59,7 per cento dei pazienti, l’emicrania con aura nel 7,3 e la cefalea tensiva nel 25,8.
La cefalea tensiva cronica con abuso di farmaci nel 9,3 e la cefalea a grappolo nel 2,2 per cento dei pazienti.
I nuovi farmaci
Il professor Alan Rapoport non ha parlato solo del famoso cerotto, ma ha fatto una carrellata dei nuovi farmaci antiemicranici in arrivo e in particolare parla dei nuovi spray nasali a base di sumatriptan, zolmitriptan, ketoralac e didrorgotamina per il trattamento acuto e per la prevenzione dei nuovi inibitori della spreading depression che è la tempesta elettrica che si scatena nel cervello prima, durante e dopo l’attacco emicranico e che ricorda quella dell’attacco epilettico tant’è che arrivano due farmaci pensati inizialmente per l’epilessia. Sono gli inibitori della gap junction appartenenti alla classe dei gabaergici: tonabersat e carbersat.