RICERCA SUL GLIOBLASTOMA: LO STUDIO DI SERENA PELLEGATTA PUNTA SULL'APPROCCIO IMMUNOTERAPICO
RICERCA SUL GLIOBLASTOMA: LO STUDIO DI SERENA PELLEGATTA PUNTA SULL'APPROCCIO IMMUNOTERAPICO
09 agosto 2021

La dottoressa Serena Pellegatta presenta il lavoro premiato dal bando interno con fondi 5xmille, che vuole dimostrare la caratterizzazione dei linfociti TIL, possibili armi contro questo tumore cerebrale.
“Il Besta ha una ricchezza: qui viviamo la traslazione. Vediamo i risultati ottenuti in laboratorio trasformarsi in applicazioni cliniche, questa è la nostra forza”. La dottoressa Serena Pellegatta, responsabile della Struttura Semplice di Immunoterapia dei Tumori Cerebrali, UOC Neuro-Oncologia Molecolare del Besta, è una delle due ricercatrici della categoria Advanced Grant vincitrici del bando competitivo interno 5xmille indetto dalla Direzione Scientifica; dalle sue parole emerge la passione per la ricerca compiuta negli anni al Besta e il desiderio di proseguire affinché il suo lavoro di laboratorio si possa trasformare in una cura per i pazienti. Durante il suo percorso lavorativo, la dottoressa Pellegatta, che al Besta è entrata per la prima volta nel 2002 come contrattista Telethon, ha svolto la sua attività di ricerca in Italia e anche negli Stati Uniti affinché si possa arrivare un giorno a dare una nuova speranza ai malati, in particolare a quelli colpiti da glioblastoma, il tumore primario più aggressivo e letale tra quelli che colpiscono il cervello. Il suo studio “Caratterizzazione dell’infiltrato immunitario nel glioblastoma tramite approcci single cell e multi-omics per predire la fattibilità della Terapia Cellulare” è stato ritenuto meritevole di finanziamento dai referee internazionali che hanno esaminato i lavori candidati e potrà partire a ottobre.
“Per lungo tempo il glioblastoma è stato considerato un ‘deserto immunologico’, poiché scarsamente infiltrato da linfociti T, il cui ruolo dovrebbe essere quello di riconoscere ed eliminare le cellule tumorali. Inoltre, il glioblastoma, supportato da un ecosistema complesso ed eterogeno definito microambiente è particolarmente infiltrato di cellule immunitarie, come microglia e macrofagi, che vengono corrotte dal tumore e si alleano con esso, rendendolo immunosoppressivo e resistente alle terapie. Recentemente, alcune osservazioni emerse proprio da studi clinici di immunoterapia hanno messo in evidenza che anche questo tumore, la cui prognosi ad oggi è ancora infausta, è permissivo all’infiltrazione di linfociti T, e potrebbe essere suscettibile all’azione di approcci immunoterapeutici”, spiega la dottoressa Pellegatta.
“Abbiamo già identificato linfociti che infiltrano il tumore (tumor infiltrating lymphocytes – TILs) funzionali e reattivi, in grado cioè di distruggere le cellule tumorali e generare una memoria di queste cellule, come dimostrato attraverso modelli preclinici utilizzando cellule tumorali autologhe e modelli animali - prosegue -. Allo stato attuale siamo stati in grado di attivare ed espandere i TILs isolati nel 70% dei glioblastomi analizzati, mantenendone invariate le caratteristiche funzionali e la memoria immunitaria. Questo risultato ci incoraggia a proseguire nella realizzazione di uno studio clinico in cui i pazienti affetti da glioblastoma verranno trattati con i propri TILs.
I TILs in grado di riconoscere ed eliminare le cellule tumorali, sotto l’azione del microambiente tumorale immunosoppressivo diventano disfunzionali o exhausted. Questo stato potrebbe essere transitorio, i TILs quindi potrebbero essere riprogrammati ed espansi in vitro. Ora resta da chiarire se nei casi da cui non è possibile espandere i TILs il fenotipo sia irreversibilmente "exhausted" – aggiunge la ricercatrice – impossibile da riprogrammare, con una ripercussione negativa sulla capacità di espansione. L’obiettivo dello studio è dunque, grazie all’utilizzo di tecnologie innovative, poter realizzare il sequenziamento RNA della singola cellula, per andare a caratterizzare i sottotipi cellulari che costituiscono il microambiente individuando quelli che hanno maggiore impatto sulla disfunzionalità dei TILs. Inoltre vorremmo riuscire a caratterizzare i TILs per trovare specifiche ‘signature di espressione’ individuando marcatori di superficie che potranno permetterci di prevedere, immediatamente dopo l’isolamento dal materiale chirurgico, la loro programmabilità e quindi la loro capacità di espandersi. In questo modo, una volta che questi linfociti dovessero essere espansi, potranno essere re-infusi nel paziente per creare un vero e proprio ‘esercito’ che si schieri contro il tumore”. La possibilità di distinguere precocemente TILs espandibili da non espandibili ex vivo potrebbe avere una ripercussione importante al momento dell’arruolamento, evitando che pazienti con un’aspettativa di vita ridotta siano costretti ad attendere una terapia che, in alcuni casi, potrebbe non essere applicabile.
I TILs sono distribuiti nel tessuto tumorale in modo eterogeneo, talvolta nella massa tumorale, altre volte invece ai margini sul confine con il tessuto sano. Pertanto, come spiega Serena Pellegatta, “i TILs non vengono isolati da un singolo frammento tumorale, ma da un materiale chirurgico ottenuto mediante un aspiratore a ultrasuoni, il CUSA (Cavitron Ultrasound Surgical Aspirator). Questo materiale è ricco di cellule neoplastiche, non neoplastiche, sangue, microambiente tumorale e immunitario, già utilizzato da tempo come sorgente per derivare linee primarie tumorali. Una complessa procedura è già stata ottimizzata nel nostro laboratorio per isolare i TILs dall’emulsione CUSA”.
“Questo finanziamento 5xmille ci permette di fare un passo in avanti importante nella nostra ricerca contro il glioblastoma – afferma la dottoressa -. Lo studio prevede una parte di analisi bioinformatica che verrà svolta in collaborazione con Francesca Finotello, una esperta bioinformatica che lavora presso il dipartimento di bioinformatica della Medical University di Innsbruck.
Attualmente è in corso il trasferimento della procedura di preparazione dei TILs su una piattaforma completamente chiusa e automatizzata, il CliniMACS Prodigy (Miltenyi Biotec) che garantirà una elevata riproducibilità e un alto standard di qualità secondo le Good Manufacturing Practices. Speriamo che i risultati siano incoraggianti per poter proseguire in questa direzione la lotta a questo temibile tumore”.
Nella foto Silvia Musio e Natalia Di Ianni, le due ricercatrici sanitarie che hanno collaborato all’ottimizzazione dell’isolamento dei TIL da materiale CUSA, e che sono tuttora impegnate nel trasferimento tecnologico grazie al CliniMACS Prodigy (nella foto), una piattaforma a circuito chiuso che consentirà la preparazione dei TIL a uso clinico.