UNO STUDIO DEL BESTA FORNISCE INTERESSANTI INDICAZIONI PER LA CURA DELLA SLA
UNO STUDIO DEL BESTA FORNISCE INTERESSANTI INDICAZIONI PER LA CURA DELLA SLA
03 luglio 2009
Comunicato stampa
La ricerca ha fornito importanti indicazioni sull’uso dell’eritropoietina
L’eritropoietina, farmaco utilizzato nella pratica clinica per curare l’anemia e nota alla cronaca per l’uso improprio come doping nei ciclisti professionisti, è stata utilizzata in pazienti affetti dalla Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA).
Una recente ricerca condotta presso la Fondazione IRCCS Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano ha dimostrato che l’eritropoietina è un farmaco ben tollerato dai pazienti ed ha fornito importanti indicazioni per studi clinici futuri. La ricerca è stata condotta dal Dr. Giuseppe Lauria dell’Unità Operativa Malattie Neuromuscolari e Neuroimmunologia.
La ricerca sulla cura ed i suoi sviluppi verranno illustrati, nel corso di una conferenza stampa, dal dottor Giuseppe Lauria, che ha condotto i lavori, dell’Unità operativa Malattie neuromuscolari e neuro immunologia, diretta dal professor Renato Mantegazza.
All’incontro con la stampa hanno partecipato il professor Mario Melazzini, il presidente della Fondazione Carlo Besta, Alessandro Moneta, il direttore scientifico del Besta Ferdinando Cornelio e la signora Chantal Borgonovo, moglie di Stefano, il calciatore colpito da SLA, particolarmente impegnata nella diffusione delle conoscenze di questa malattia.
La SLA è una gravissima malattia neurodegenerativa che conduce invariabilmente alla morte nell’arco di pochi anni. Ogni anno la malattia colpisce circa 3 persone ogni 100.000 ed affligge attualmente in Italia circa 4000 malati. Purtroppo non esistono ancora trattamenti efficaci della malattia e possiamo proporre ai pazienti unicamente un farmaco, il riluzolo, che ne rallenta il decorso.
I ricercatori hanno lavorato sull’eritropoietina da alcuni anni ed hanno contribuito a dimostrare in vari modelli animali di malattie neurodegenerative che questa molecola ha importanti proprietà neuroprotettive, che si traducono in una migliore sopravvivenza e funzione delle cellule neuronali e dei loro prolungamenti assonali. Questo vale ad esempio nelle neuropatie causate da diabete e da farmaci neurotossici come gli antineoplastici.
Per questa ragione è sato designato uno studio pilota che ha coinvolto 23 pazienti con la forma sporadica di SLA, 12 dei quali sono stati trattati con eritropoietina in aggiunta al riluzolo e 11 unicamente con riluzolo. È importante sottolineare che i due gruppi di pazienti erano omogenei tra loro relativamente alla forma di malattia, perché questo è un aspetto fondamentale per confrontare gli effetti di un trattamento farmacologico.
Lo studio è durato per 2 anni ed i risultati si sono rivelati confortanti.
La terapia è stata bene tollerata e non sono stati registrati effetti collaterali gravi. Questo dato è importante in quanto per la prima volta in uno studio clinico l’eritropoietina è stata somministrata per lungo tempo in pazienti non anemici.
Per quanto riguarda l’efficacia sulla malattia, il piccolo numero di pazienti non permette di esprimere valutazioni conclusive, ma solo di avanzare ipotesi.
L’obiettivo primario era confrontare i due gruppi relativamente a sopravvivenza e necessità di tracheotomia per insufficienza respiratoria avanzata. La differenza si è rivelata interessante. Infatti, dopo 2 anni di terapia, 8 pazienti su 11 nel gruppo riluzolo sono deceduti o hanno avuto necessità di tracheotomia rispetto a soli 4 pazienti su 12 nel gruppo di trattamento con eritropoietina. Un risultato indicativo di una possibile efficacia neuroprotettiva di eritropoietina che dovrà essere confermata in uno studio clinico di adeguate dimensioni.
Lo studio è stato completamente finanziato dalla Fondazione Istituto Neurologico “Carlo Besta” nell’ambito della ricerca clinica indipendente.
Ora i ricercatori si propongono di sviluppare uno studio di grandi dimensioni in collaborazione con altri centri italiani, che spera di poter avviare entro fine anno.
Gli studi pilota servono a fornire indicazioni preliminari e soffrono di limiti intrinseci legati alla piccola numerosità dei pazienti analizzati. Ciononostante, se condotti in modo adeguato, restano l’approccio migliore per proseguire il percorso della ricerca clinica nella SLA.
Si ritiene che lo studio fornisca delle indicazioni importanti che si spera siamo considerate tali anche dagli Enti istituzionali che supportano la ricerca in Italia.