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SMART WORKING: ESPERIENZE ALL’ISTITUTO BESTA

SMART WORKING: ESPERIENZE ALL’ISTITUTO BESTA

22 luglio 2020

SMART WORKING: ESPERIENZE ALL’ISTITUTO BESTA

Il dott. Luca Mangarano, Direttore Amministrativo della Fondazione IRCC Istituto Besta spiega come lo smart working è stato applicato, i risultati e gli sviluppi. Mentre la dott.ssa Manuela Bloise e il dott. Andrea Legati evidenziano la loro esperienza professionale.

 

Intervista al dott. Luca Manganaro - Direttore Amministrativo Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta sul tema Smart Working

D. Qual è il primo bilancio dell’applicazione dello Smart working all’Istituto Besta?

R. Il bilancio è sicuramente positivo. Pur essendo un ospedale, che, per la natura dell’attività prestata, mal si presta al lavoro agile, l’applicazione “modulare” e flessibile che ne abbiamo dato ha consentito di fornire delle risposte immediate alle esigenze del personale, evitando il ricorso a forme di assenza che avrebbero finito per danneggiare Istituto e personale, insomma la classica situazione lose-lose. Abbiamo autorizzato 120 dipendenti, verificando la fattibilità tecnica della connessione da remoto. Le reazioni sono state molto positive, a partire dai sindacati. Ma…

D. Ma? Qualcosa è andato storto?

R. No, tutto è filato liscio. Tuttavia quello che abbiamo applicato, noi come centinaia di altre pubbliche amministrazioni in questo periodo di lockdown, non è il lavoro agile, ma lo smart working “emergenziale”, che ha avuto dei grandi meriti nella fase acuta dell’emergenza sanitaria ma che adesso va ripensato.

D. In che senso?

R. Vede, noi tutti abbiamo chiamato “smart working” quello che ha tutta l’aria di essere una versione rilucidata del telelavoro, visto che, anche per via della quarantena, è stato svolto rigorosamente da casa. Nei casi in cui il lavoratore doveva contemporaneamente accudire qualcuno (penso ai bambini, con le scuole chiuse, o a famigliari anziani o malati), credo che di “smart” l’esperienza abbia avuto ben poco. Sarà capitato a tutti di sentire qualche collega che, rientrato in ufficio, abbia esclamato “Finalmente!”. Ma il lavoro agile non è una rivisitazione del telelavoro, anzi per certi versi è proprio l’opposto: non richiede un’ubicazione bene definita, non presuppone il rispetto di un rigido orario di lavoro, può essere svolto anche con i dispositivi del lavoratore, etc. La filosofia dell’istituto contrattuale è completamente diversa. E richiede alcune precondizioni per poter funzionare.

D. Quali?

R. Non mi riferisco tanto ai presupposti tecnici (mezzi e collegamenti in sicurezza) o giuridici (compatibilità con il profilo professionale), ma a quelli culturali. Lo smart working presuppone un “patto” tra lavoratore e datore di lavoro, e questo patto si basa sulla fiducia. Se l’amministrazione non si fida del dipendente e se il dipendente abusa dello strumento, l’istituto non può funzionare, e non c’è regolamento che tenga. Questo a me pare l’elemento principale. È chiaro che l’altra faccia della medaglia della fiducia è la responsabilizzazione del lavoratore.

D. C’è dell’altro?

R. Si. Credo che su questo strumento il rapporto con il proprio dirigente responsabile sia centrale. Non solo perché costituisce il primo livello del rapporto di fiducia organizzazione-dipendente, ma anche perché diventa fondamentale nella determinazione delle attività da poter svolgere da remoto, nella verifica dei risultati e nell’individuazione di eventuali correttivi.

D. Quindi, riepilogando: 1) fiducia nel lavoratore (e sua responsabilizzazione), 2) rapporto con il proprio dirigente. C’è dell’altro?

R. Si. Credo che lo smart working non possa essere un elemento isolato rispetto agli altri strumenti di gestione (flessibile) del personale. Abbiamo detto che lo smart working non è il telelavoro con un nome più accattivante. È un completamento flessibile (in termini di tempo e di spazio) di un orario di lavoro che presuppone comunque la presenza fisica in Istituto. Andrebbe quindi coordinato con gli altri istituti contrattuali per consentire una maggiore flessibilità al lavoratore, dove questa è praticabile. Ricordiamoci che con le misure di distanziamento sociale e con la capienza massima dei mezzi pubblici che non tornerà, almeno a breve, ai livelli antecedenti alla pandemia, occorrerà necessariamente ripensare i tempi di lavoro e provare a dribblare gli orari di punta.

D. Bene, almeno in teoria. Quali sono gli ostacoli di ordine pratico che lei intravede all’interno del Besta?

R. Ne intravedo almeno tre.

Il primo è indissolubilmente legato alla natura delle attività svolte dal Besta. Siamo un IRCCS ma rimaniamo comunque un ospedale, con le esigenze di assistenza dei pazienti e con un’importante parte dei nostri professionisti che deve necessariamente operare in presenza.

Il secondo, legato al primo, riguarda l’equità. Potremmo avere medici o infermieri che, per la tipologia di attività svolta o per l’Unità Operativa di assegnazione, possono usufruire dell’istituto. È chiaro che se le eccezioni non sono gestite in modo trasparente e -per l’appunto- equo, c’è il rischio di malumori e lamentele che non vanno certo nella direzione di migliorare il clima aziendale ed il benessere organizzativo.

D. Ed il terzo?

R. Terzo, e qui parlo come delegazione trattante di parte pubblica, abbiamo oggi una pletora di organismi con i quali confrontarci sull’argomento: non solo il CUG, che storicamente nasce per dedicarsi a temi di conciliazione famiglia-lavoro, ma anche l’Organismo paritetico per l’innovazione, previsto dal CCNL del Comparto, e l’Organismo paritetico previsto dal CCNL della Dirigenza sanitaria. Avevamo suggerito di procedere all’accorpamento in un unico organismo, come altre aziende sanitarie hanno fatto, ma il nostro consiglio non è stato recepito. Questo finirà inevitabilmente per allungare i tempi ma anche per depotenziare le proposte che perverranno, soprattutto se le stesse dovessero risultare in contraddizione tra di loro. Io rimango convinto che dal confronto con le rappresentanze dei lavoratori possano sempre uscire delle proposte migliorative, purché il confronto avvenga con un perimetro spazio-temporale certo e definito. Vedremo. In ogni caso, e chiudo con una nota di ottimismo, non mi sembrano degli ostacoli insormontabili.

 

Responsabile della pubblicazione: Ufficio Stampa
Ultimo aggiornamento: 22/07/2020