INFERMIERE CASE MANAGER: ECCO CHI RIVOLUZIONA LA PRESA IN CARICO DEL PAZIENTE
INFERMIERE CASE MANAGER: ECCO CHI RIVOLUZIONA LA PRESA IN CARICO DEL PAZIENTE
18 dicembre 2024

L’infermiere Case Manager ha rivoluzionato la presa in carico del paziente con malattia cronica. Si tratta di una figura professionale cruciale che contribuisce a migliorare la qualità e la sicurezza dell’assistenza sanitaria e che svolge un ruolo di coordinamento delle cure primarie e secondarie. L’Istituto Besta ha avuto un ruolo fondamentale nel creare una figura di dipartimento che avesse questo ruolo, e da novembre 2020 ad oggi, grazie all’infermiere case manager sono stati contattati tramite telenursing 4.160 pazienti con una successiva presa in carico di 1.158. "Il case manager rappresenta una figura innovativa che ha trasformato alcuni ruoli tradizionali e statici dell'infermiere all'interno dei contesti sanitari. Nel nostro ambito è stato introdotto nel 2020 e, a distanza di questi primi anni, possiamo affermare con soddisfazione di aver raggiunto risultati eccellenti. Oggi l'infermiere case manager si distingue per la sua versatilità, rispondendo con competenza, tempestività ed efficacia ai bisogni dei pazienti che emergono al di fuori della degenza. Grazie a questa figura, si garantisce un’assistenza personalizzata e la continuità delle cure, offrendo soluzioni mirate alle reali necessità delle persone" – sottolinea Clara Moreschi, Dirigente delle Professioni Sanitarie al Besta.
Abbiamo chiesto al Dott. Roberto Eleopra, Direttore Dipartimento Neuroscienze Cliniche - Direttore Neurologia 1 - Malattia di Parkinson e Disturbi del Movimento di raccontarci il percorso che ha portato alla nascita della figura del case manager.
La pandemia è stato un grande acceleratore di processi, e lo è stato anche nel caso del case manager. Durante il covid abbiamo avviato una joint venture con l’Associazione Parkinson Italia e con la Fondazione Fresco Parkinson Insitute per instituire la figura dell’infermiere digitale, che tramite teleconsulto, potesse interagire con il paziente e il suo caregiver fungendo poi da filtro anche con il medico curante. In poco tempo siamo diventati un punto di riferimento per i pazienti parkinsoniani non solo al Besta, ma anche per altri centri. Un riscontro molto positivo, avvalorato anche da una pubblicazione che ha dimostrato come la figura del case manager abbia risolto il 70% delle richieste dei pazienti. Tra le persone intervistate tramite teleconsulto, solo il 5% si è recato in ospedale per un follow up, riducendo di molto i rischi dettati dall’emergenza sanitaria.
Terminata la pandemia, come si è evoluto il ruolo del case manager?
Al termine della fase emergenziale del Covid abbiamo istituito il ruolo del case manager nel dipartimento di neuroscienze, una figura che si è occupata della gestione, della presa in carico e del follow up dei pazienti con patologie croniche come il parkinson e le patologie neuroncologiche. In altre parole, abbiamo dato vita a un modello organizzativo partendo da zero. Trattandosi di una figura professionale mai esistita abbiamo prima creato un database per trascrivere le chiamate dei pazienti con l’obiettivo di far conoscere e presentare ai pazienti questo tipo di servizio. In seguito, abbiamo identificato una check-list per assegnare dei codici di urgenza a ogni paziente. Si va dal codice bianco gestito in autonomia dal case manager, al codice rosso in cui il paziente deve dedicarsi in presenza alla visita.
Avete avuto delle difficoltà?
All’inizio c’è stata un po’ di diffidenza da parte dei pazienti che erano abituati al contatto diretto con il neurologo. Pian piano però gli stessi pazienti hanno compreso il ruolo di questa figura fondamentale nel valutare e adattare le strategie assistenziali secondo le esigenze del momento. In ultimo il case manager si è rivelato un alleato prezioso nel riconoscere tempestivamente le fasi di peggioramento della malattia e, di conseguenza, adeguando la gestione assistenziale. Quello del case manager è un ruolo proattivo perché rileva i problemi principali per il paziente e li monitora per risolverli nel tempo. In questo modo il paziente e il suo caregiver non sono mai lasciati soli.
Si tratta senza dubbio di un modello innovativo…
Certamente. E il carattere innovativo è testimoniato dal fatto che il progetto del case manager sarà implementato grazie alla vincita di due bandi. Un primo, sarà finanziato grazie ai fondi del PNRR e ci consentirà di confrontare e monitorare i benefici nella gestione dei pazienti con Parkinsonismo atipico tramite case manager e lo sviluppo di un software informatico dedicato alla profilazione degli utenti. L’obiettivo sarà quello di dimostrare che i benefici riguardano anche la riduzione degli accessi in ospedale e la diminuzione delle complicazioni dei pazienti. Il secondo progetto, invece, che ha vinto una manifestazione di interesse dell'Istituto, analizzerà il ruolo della presa in carico del case manager nella riduzione dei rischi di complicazione della malattia di Parkinson in confronto allo standard-of-care.
Catia Leuzzi è infermiera Case Manager al Besta. Quale è stata la sua formazione?
Oltre alla formazione continua ho avuto la fortuna di poter imparare molto sul campo. Dal 2008 lavoro al Besta nel dipartimento dei disturbi di movimento dove ho avuto modo di relazionarmi spesso con i pazienti. In questa esperienza ho compreso da vicino come si rafforza la fiducia tra paziente e team sanitario che è alla base del ruolo del Case Manager. Un percorso che è culminato con l’organizzazione di percorsi di formazione per i futuri Case Manager. Da poco si è conclusa la seconda edizione del corso, una due giorni aperta anche ad infermieri provenienti da altre regioni dedicata alla descrizione del ruolo di questa figura e agli esempi e casi clinici di interventi che vedono protagonista il Case Manager. Abbiamo ricevuto molte richieste e il Besta sta diventando un punto di riferimento nazionale per la formazione di queste figure essenziali. Attualmente abbiamo ben due figure di case manager riconosciute nella dotazione organica dell’Istituto, cosa non scontata soprattutto in un IRCSS.
I pazienti apprezzano questa figura?
Assolutamente sì. Ma non solo i pazienti. Il case manager viene tenuto in considerazione anche dal caregiver che può contare su una persona di riferimento in tutto il percorso di presa in carico del paziente. Il case manager è apprezzato perché, lavorando nella multidisciplinarietà, evita la frammentazione del percorso di cura. E lo fa ponendo il paziente e il care giver nel ruolo di parte attiva del percorso di cura.