Risonanza magnetica - A cosa serve nella diagnosi - Per approfondire
Risonanza magnetica - A cosa serve nella diagnosi - Per approfondire
- La diagnosi di sclerosi multipla viene fatta dal neurologo. Non è fatta solo sulla base dei risultati di risonanza magnetica e di altri esami strumentali (per esempio i potenziali evocati) o di laboratorio (per esempio esami del sangue e del liquor ottenuto con la puntura lombare).
- Per stabilire la diagnosi, il neurologo tiene conto anche delle caratteristiche della persona, inclusi l’età, abitudini di vita, la sua storia clinica, le malattie precedenti e concomitanti, i sintomi e i segni presenti al momento della visita e ai controlli successivi. In base a tutti i dati raccolti esprime un giudizio clinico sulla diagnosi.
- Il neurologo deve stabilire che i sintomi riferiti dalla persona e i segni che rileva durante la visita possono indicare una malattia del sistema nervoso centrale, e deve escludere altre malattie che possono confondersi con la sclerosi multipla, cioè fare una diagnosi differenziale.
Per fare la diagnosi di sclerosi multipla vengono utilizzati dei criteri - detti “Criteri di McDonald” dal nome del neurologo inglese che per primo li ha definiti - che stabiliscono che deve essere dimostrata la diffusione della malattia nello spazio e nel tempo (disseminazione spaziale e temporale). Devono quindi essere interessate più aree del cervello o del midollo spinale, o di entrambi, e i sintomi e i segni della malattia devono presentarsi a distanza di tempo tra loro.
Il neurologo può ipotizzare che si tratti di sclerosi multipla se la storia clinica riferita dalla persona insieme ai sintomi e ai segni evidenziati nel corso della visita indicano che c’è stata una diffusione delle lesioni nel sistema nervoso centrale. Per esempio se la persona ha una neurite ottica e a distanza di pochi mesi ha una visione doppia o una paresi agli arti, è confermata la diffusione spaziale (più sedi nel sistema nervoso centrale) e temporale (a distanza di tempo). Il neurologo consiglia una risonanza magnetica dell’encefalo anche per escludere altre malattie che possono confondersi con la sclerosi multipla.
La risonanza magnetica permette al neurologo di fare la diagnosi anche al primo episodio sospetto di sclerosi multipla, perché l’esame può dimostrare la diffusione delle lesioni nello spazio e nel tempo (se ci sono lesioni attive, cioè che captano il mezzo di contrasto, e altre non attive, cioè non captanti). In questo senso, la risonanza magnetica permette di fare una diagnosi tempestiva di malattia, e decidere un percorso di cura.
Il contributo della risonanza magnetica alla diagnosi di sclerosi multipla
Per diagnosi tempestiva si intende la diagnosi fatta al momento del sospetto di malattia, per lo più dopo che si è verificato un primo episodio che è suggestivo della malattia a giudizio del neurologo (questa condizione in lingua inglese è detta Clinically Isolated Syndrome - CIS).
Il contributo della risonanza magnetica alla diagnosi tempestiva è determinato dal grado con cui questo esame è capace di identificare la presenza o l’assenza della malattia alla comparsa dei primi sintomi, e contribuire così alla diagnosi quando i sintomi e i segni clinici da soli non sono sufficienti al neurologo.
Le informazioni riportate si basano su linee guida internazionali.
Come sono state scelte e valutate le linee guida?
E’ stata condotta una ricerca sistematica delle linee guida sull’utilizzo della risonanza magnetica per la diagnosi di sclerosi multipla pubblicate negli ultimi sei anni (2011-2016). Ne sono state trovate otto sull’argomento, che sono state selezionate sulla base del giudizio sulla qualità dato da due revisori indipendenti, con ulteriori aggiornamenti.
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Responsabile della pubblicazione: Redazione Progetto IN-DEEP
Ultimo aggiornamento: 29/05/2019